
GIORGIO DAL CANTO IN ARTE BABB
Pontedera ha "indossato" nel corso della sua storia molti "abiti".
In primis quello del commercio, dell'industria, del lavoro,
dell'innovazione e negli ultimi cinque lustri anche quello dell'arte
contemporanea.
Un cammino che ha portato la nostra città a recitare un ruolo
importante all'interno di una regione che ha in questo campo uno
dei massimi punti di forza.
Non conservando nel tessuto urbano eccellenze storico-artistiche
rilevanti, pur avendo dato natali a geni di primo ordine come Andrea
da Pontedera, la città ha saputo intraprendere un cammino
verso una direzione precisa: trasformare il suo territorio in un museo
a cielo aperto.
Un percorso ormai noto che non si è mai interrotto ed è sempre
stato caratterizzato e accompagnato da numerosi eventi e mostre.
In questo lungo periodo abbiamo accolto tanti artisti e tante esperienze
e ogni volta le ricadute sono state significative e i segni
lasciati importanti.
Durante questo viaggio sono stati molti anche i momenti di valorizzazione
dei "nostri" artisti e oggi torniamo a parlare di uno dei
più importanti: Giorgio Dal Canto in arte Babb.
Uno dei figli di questa terra che ha maggiormente legato la sua
opera alla nostra città. Nato esattamente novanta anni fa sulle
rive dell'Era ha cominciato ad esporre negli anni settanta compiendo
un'evoluzione straordinaria di opera in opera, di esposizione
in esposizione.
Restio a varcare le "invisibili mura" cittadine in molte delle sue
realizzazioni amava utilizzare come scenografia naturale i palazzi,
le chiese, le piazze, le strade di Pontedera riuscendo negli anni a
compiere numerosi omaggi ai suoi abitanti e agli spazi che abitavano
e abitano quotidianamente.
Nel 2012 l'amministrazione comunale consegnò a Giorgio Dal
Canto una targa per ringraziarlo "del suo impegno nell'arte, della
sua passione civile e della sua capacità di descrivere poeticamente
la nostra Città", un riconoscimento giunto dopo la
partecipazione alla Biennale di Venezia, la mostra al Centro Otello
Cirri e la realizzazione della "sua" Vespa.
Babb ci ha lasciato nel 2016 ma la sua arte è sempre con noi, è
presente nei nostri occhi e mi viene da dire in moltissime case e
uffici di collezionisti, amici ed estimatori.
Se siamo ancora a parlare di lui vuol dire che le sue straordinarie
creazioni hanno saputo raccontare il suo ed il nostro tempo, sono
"bussole" da usare ancora oggi e possono ancora dirci molto.
Qui è importante ringraziare tutti coloro che hanno cercato di
salvare la sua arte e la sua storia nel corso degli anni in questo
volume e chi ha provato a farlo conoscere oltre i confini regionali.
Sono orgoglioso di presentare questo lavoro che racchiude la vita
e le opere di un grande pontederese che con i suoi pennelli ci ha
permesso e ci permette di riflettere sulla società, sulla vita e di
vedere anche la nostra città con occhi diversi.
Matteo Franconi
Sindaco di Pontedera

GRANDE DAVVERO
Questa pubblicazione nasce dalla volontà di far conoscere più
approfonditamente la vita dell'artista Giorgio Dal Canto e l'evoluzione
delle sue opere.
Dedicando a BABB una retrospettiva del suo lavoro sono riuscito
a portare alla luce molte delle sue opere fino ad ora mai esposte e
mai pubblicate. Per riuscire nell'intento ho contattato molte persone
in città che avevano acquistato i quadri ad olio dell'Artista,
andando successivamente a fotografarli di persona.
Esprimo gratitudine nei confronti dei proprietari delle opere poiché
mi hanno veramente supportato e sopportato nell'esecuzione
delle riprese fotografiche.
Ho affidato la redazione completa della pubblicazione all'esperto
Michele Quirici che ha interpellato molte persone che hanno conosciuto
Giorgio Dal Canto, ha sfogliato qualsiasi documento che
potesse rivelare aspetti significativi dell'Artista ed ha ricostruito
la vita ed il suo pensiero evidenziando ogni particolare degno di
nota, anche per mezzo delle recensioni dei critici.
Questa retrospettiva costituisce un documento completo della
vita artistica di Giorgio Dal Canto, in arte BABB.
Mi sono sempre chiesto quali caratteristiche possano definire un
"Artista" nel senso lato della parola e mi sono dato alcune risposte:
la prima è senz'altro quella della riconoscibilità delle opere
prodotte, od almeno quei dettagli caratteristici nelle opere che
fanno pensare subito "questa opera è di…". Emerge infatti la forza
interiore dell'Artista che viene rappresentata con evidenza, attraverso
la propria lente, nell'insieme e nei dettagli di tutte le sue
opere. La seconda è senz'altro l'individuazione di epoche, periodi
della vita dell'Artista che hanno influenzato la sostanza e la forma
di tutto il suo lavoro e che possono essere raggruppate in insiemi
contenenti lo stesso leitmotiv il quale, col tempo, si trasforma ed
assume caratteristiche diverse. La terza peculiarità dell'Artista è
il suo comportamento verso se stesso e verso gli altri, generalmente
l'Artista ha un carattere abbastanza "difficile" e criptico
ed è per questo che, non senza fatica, mi sono fatto spiegare da
lui stesso quanto non era stato possibile capire palesemente in
molte allegorie presenti nelle sue pitture. Sono emersi i significati
nascosti del suo pensiero che ho provveduto a fissare nelle molte
didascalie che accompagnano questa ed altre pubblicazioni che il
sottoscritto ha sponsorizzato.
Giorgio Dal Canto è un Artista con la "A" maiuscola, una mente
complessa che ha combattuto col suo "IO", quasi come un mix di
Hieronymus Bosch e Pieter Bruegel moderni, ha dipinto su tela
con spirito anarchico l'indignazione, condivisa da molti, verso
i potenti che opprimono i deboli i quali, purtroppo, non hanno
scampo e soccombono miseramente.
Da tutte le recensioni, in particolar modo quelle dei critici Dino
Carlesi ed Ilario Luperini, ma anche da tutti gli altri che hanno
parlato di lui, emerge questa forza dell'Artista che viene tradotta
negli aspetti dei personaggi che animano la scena, senza soluzione
di rivalsa.
Vorrei cogliere alcuni aspetti che hanno caratterizzato il percorso
del Dal Canto partendo da una pietra miliare intitolata dal pittore
stesso "Sentirete parlare di me" del 1963 dove l'Artista non ha firmato
questa opera di sapore "cubista" poiché, a suo dire, non aveva
ancora trovato la strada maestra ma, di rimando, aveva intuito
che avrebbe avuto un futuro davanti a sé. Di questo ho raccolto la
sua testimonianza in uno dei tanti incontri avuti dal 1994 in poi.
Fui colpito dal primo quadro che Dal Canto ha prodotto per il
sottoscritto sul tema della mia storia che mi ritrae mentre suono
la chitarra, mentre faccio il fotografo, mentre salgo verso il computer
(che taglia la testa alla gente) e mentre attraverso il ponte
di Pontedera in bici con vari palloncini trasparenti. Sta proprio in
questa ultima rappresentazione della mia persona nel dipinto, con
la maglietta a righe, che spicca l'inventiva dell'Artista: i palloncini
significano per l'Artista le "mie idee" che mi portarono in seguito
a conseguire buoni risultati nella commercializzazione di informatica
dagli anni '80.
Ho deciso di aiutare questo straordinario personaggio che non ammetteva
imposizioni e consigli. Giorgio Dal Canto ha le sue idee,
le sue convinzioni e per nulla può cambiarle: odia i galleristi che
vorrebbero condizionarlo nella stesura delle opere, non gradisce
la sua pubblicità, è scontroso e duro con chi non gli è simpatico ed
ha pure declinato l'invito a partecipare fisicamente all'esposizione
della 54° Biennale di Venezia del 2011 liquidandoci tutti con un
"andateci voi!", riferendosi al sottoscritto, al regista Alberto Bartalini
ed al poeta visivo Stefano Stacchini. Noi, comunque, ci siamo
andati ed abbiamo allestito le Tese n. 101 e 102 dell'Arsenale
Nuovissimo di Venezia (vedi pag. 693 del catalogo della Biennale
L'Arte non è cosa nostra a cura di Vittorio Sgarbi).
Personaggio molto particolare che esordisce con le prime esposizioni
di pittura negli anni '70 ricevendo consensi, in particolar
modo dal critico Dino Carlesi che indica testualmente, nel catalogo
della Saletta d'Arte A5, via Roma 8, Pontedera del 19 marzo 1977:
"la qualità di questa pittura
è già capace di suscitare
curiosità ed interesse".
Seguono diverse esposizioni
locali di pitture che raffigurano
con finissima ironia e primitiva
dissacrazione, già nel
titolo dell'esposizione del 1991
Controfiaba, personaggi di
Pontedera quali Autisti, l'Arrotino,
lo Stagnaro, il mercato di
Pontedera, Giocatori di carte, il
Gelataio, il Venditore di palloncini,
il Benzinaio, ecc. fino ad
arrivare ad una vera e propria
svolta. Dai primi anni '90 Dal
Canto evolve la sua comunicazione
dal sapore Moreniano e
trasforma le "foto" della realtà
locale, vista con i propri occhi,
in veri e propri messaggi, attuati
da vari nuovi personaggi ed
elementi che si fanno attori e
testimoni della terribile situazione
generale dell'uomo e del
Paese Italia.
È da qui che il Dal Canto inizia,
con sentore Magrittiano, la sua
opera più importante di "attacco
poetico al Potere" indignandosi
e denunciando le debolezze
umane attraverso fantastiche
allegorie di situazioni paradossali,
citando i monumenti, i falsi
miti, le fiere paesane, il condominio,
la battaglia degli scacchi
della vita, i media, la cultura, la
vacanza al mare, ecc. Tutto quanto viene esposto in modo satirico e
dissacrante per accentuare tutte situazioni paradossali di ogni rappresentazione.
Il motivo conduttore è sempre il Potere che domina
le persone comuni, che subiscono e si rassegnano.
La sua maturità poetica si attua dal 2007 attraverso entusiasmanti
trasposizioni di figure astratte, come l'Ombra del Potere, che proietta
una figura concreta e visibile che rappresenta l'essere umano
che esercita fisicamente il Potere. È un susseguirsi di attacchi
"poetici" al Potere in tutte le rappresentazioni che seguiranno.
Nel 2008, sempre rimanendo in tema di contestazione al Potere,
appare un elemento nuovo: il burattino Pinocchio che il Dal Canto
utilizza da ora in poi come protagonista e testimone in ogni sua
critica a quanto sta accadendo nelle città, ai monumenti, al Potere
(che ha il naso lungo), alla tecnologia, ecc. fino ad arrivare al
"CAOS" che viene raffigurato con un Pinocchio a stregua di spaventa-
passeri in un contorno di palazzi, automobili, chiese in posizioni
non corrette. Si sono fatti avanti gli "ACARI", che Giorgio
Dal Canto visualizza nei nostri difetti, la parte peggiore dell'individuo
umano, rappresentati come piccoli vermi dagli occhi grandi
e asimmetrici, che vengono fuori dai buchi ed avvicinano l'uomo
per deviare in peggio la sua natura. Gli ACARI diventeranno pericolosi
quando convinceranno il Potere, instaurando con lui una
sorta di collaborazione. Si giungerà nel 2010 inevitabilmente al
CAOS DEGLI ACARI N.2 e N. 3, dove tutto è sconvolto in un vortice
in cui gli ACARI si appropriano dell'umanità e Pinocchio viene
messo da parte.
Da ora in avanti Pinocchio non sarà più protagonista, ma figurerà
solo come "osservatore". Pinocchio infine concluderà il sostegno
all'Artista nel 2012 quando si chiuderà la rappresentazione del
Potere Anonimo: la maschera del burattino nel dipinto "Epilogo"
viene appoggiata sulla Discarica delle Falsità con la seguente
dedica autografa di Giorgio Dal Canto: "Ciao Pinocchio, grazie per
avermi aiutato nel mio piccolo racconto… Lo so, mi sono adeguato
all'andazzo, d'altra parte sono anche io un errore della natura".
Con questo epilogo si conclude l'opera più rappresentativa dell'Artista
tra quelle realizzate dal 2007 al 2012.
Questa pubblicazione contiene anche tutte le opere prodotte da
Giorgio Dal Canto dal 2013 al 2016, anno della sua scomparsa. Da
notare che, probabilmente per problemi di salute, nell'anno 2015
ed inizio 2016 non sono state prodotte opere significative, quasi
come se la vena poetica dell'Artista avesse avuto un momento di
pausa. Ci ha lasciato alcune opere incompiute delle quali vorrei
ricordare, in chiusura di questa retrospettiva, la "Mongolfiera".
Con la regia di Alberto Bartalini e la grafica del poeta visivo Stefano
Stacchini vengono realizzate tutte le illustrazioni della pubblicazione
delle Poesie di Andrea Bocelli del 2018 "Andrea Bocelli.
Piccoli Versi Disegnati" dove si dà spazio all'immaginazione ed
all'abbinamento surreale di particolari elaborati delle pitture che
Giorgio Dal Canto ci ha lasciato.
Giuseppe Diomelli

TRENT'ANNI DI COMUNI INTENTI
Anni fa – ormai un bel po' – mi ritrovai presidente dell'Accademia
della Sembola, un gruppo di bravi scrittori e poeti in
vernacolo pisano. Fu in quell'occasione che scoprii "Er Tramme",
rivista diretta e ben curata da Benozzo Gianetti. Un'impostazione
grafica coinvolgente, popolare, di immediata presa, ironica e divertita
già nel suo andamento stilistico, a partire dal titolo. Una
via di mezzo tra illustrazione e perizia incisoria. La curiosità di conoscerne
l'autore fu immediata. Giorgio Dal Canto, dietro suggerimento
di Dino Carlesi e con la generosa mediazione di Riccardo
Ferrucci, lo incontrai nel suo studio-laboratorio. Di poche parole,
affidava la comunicazione al suo fuggevole sorriso sornione e maliziosamente
disincantato, alla vivacità del suo sguardo e al frequente
fare spallucce quando riteneva inutile o superfluo andare,
con le chiacchiere, oltre ciò che le sue opere facevano capire con
immediatezza. Bastava osservarle per un tempo superiore ai cinque
secondi. E in quella stanza ce n'erano davvero tante. Incisioni
– spesso raccolte in cartelle – e quadri dei più vari formati.
Intesa istantanea, oltre trent'anni fa.
Cominciai a occuparmi con entusiasmo del suo lavoro, con l'assoluta
convinzione di trovarmi di fronte ad un artista in cui convivevano
acuto spirito di osservazione, intensa umanità, maestria
artigianale e articolato pensiero. E così, nel 1983, organizzammo
insieme la mostra al Teatro Verdi di Pisa: "La storia finita. 26 dipinti
per la Torre". Fu subito chiaro che la sua poetica consisteva
nella volontà di rivelare l'essenza di uno di quei conflitti che percorrono
da sempre i rapporti tra le genti. Da una parte supponenti
e tronfie figure in nero con la classica bombetta, simbolo scontato
di una borghesia opulenta; dall'altra teneri e patetici uomini con
maglie a strisce orizzontali, in apparenza assoggettati ai simboli
del potere, in realtà protesi verso il raggiungimento di una propria
dimensione di libertà, priva di rapporti con un mondo colmo di
miti e illusioni disumanizzanti. Concordammo di definire i primi
col termine di "Bombetta" e i secondi con quello di "Righe". E da
lì in poi le due definizioni entrarono a far parte del lessico intorno
a Babb, a delineare il suo mondo magico, incantato, talora inquietante,
popolato di figure e simboli di grande pregnanza comunicativa.
Un mondo costruito con una carica ironica ora leggera e
soffusa, ora malinconica e pungente, ora pietosa e dissacrante,
propria del Babb artista, ma anche dell'uomo Giorgio Dal Canto.
Nei nostri non rari incontri, tali caratteri sono sempre emersi in
tutta evidenza. In quell'uomo, in apparenza scanzonato, incallito
anarchico individualista, si è sempre celata una rara profondità di
pensiero e una sincera preoccupazione per le sorti dei suoi simili.
Pensieri, emozioni e sentimenti che hanno saputo trovare la strada
per affiorare solo grazie alla capacità dell'artista di condensarli
in figure di grande efficacia espressiva. Pensieri, emozioni e sentimenti
sviluppati non attraverso un organico ragionare, ma affidati
all'evocatrice potenza delle immagini.
Su questo sentiero ci siamo incamminati insieme, anche nelle molteplici
occasioni pubbliche, dagli estesi interventi all'aeroporto di
Pisa, alle installazioni della Biennale di Venezia, alla stimolante
presenza al Museo Piaggio. Un percorso lungo e assai impegnativo,
condotto con la sapiente collaborazione registica di Alberto
Bartalini. Era il 2011, il momento in cui Babb sviluppava il ciclo
dei Pinocchi. La creatura di Carlo Lorenzini gli serviva per evocare
riferimenti immediati universalmente noti: Pinocchio è il burattino
per eccellenza; assumendo le sue sembianze, tutta l'umanità
si trasforma in un insieme di burattini. Anche i Bombetta e i Righe
sono accomunati da uno stesso destino: divengono veri e propri
manichini in balia di pochi egoistici manovratori che, forse, non
esistono neppure come persone fisiche, ma si identificano con le
brutte favole da cui siamo abbindolati tutti noi, abitanti di quel
piccolo villaggio che è diventato oggi il nostro misero, chiassoso e
rissoso pianeta.
Di questo e di altro parlammo, insieme ad altri commensali – tra
cui Giuseppe Diomelli, il suo appassionato mecenate – durante
una divertente e lauta cena, non parca di libagioni, al ristorante
Aeroscalo a Pontedera. Lo facemmo nel ricordo di quelle figure
dal corpo e gli arti legnosi, il naso lungo, gli occhi rotondi e sbarrati,
le espressioni ora esterrefatte, ora indifferenti, ora perplesse
o divertite, emblemi di un mondo in caduta libera. Discutemmo
dei nuovi e allettanti miraggi – in primis le incalzanti innovazioni
tecnologiche – che ancor oggi rischiano di condurre all'offuscamento
delle capacità critiche e di andare a scapito dell'autonomia
di pensiero.
Di sicuro, in seguito avremmo avuto l'occasione di continuare a
parlarne.
Ma Babb se n'è andato.
Ilario Luperini

GIORGIO DAL CANTO: UN GENIALE ARTISTA
Giorgio Dal Canto, meglio conosciuto nel mondo dell'arte come
Babb, è stato il pittore più geniale e originale che abbia avuto
Pontedera. La sua tecnica perfetta e la sua fantasia ci fanno
ricordare due altri maestri toscani: Giuseppe Viviani e Antonio
Possenti. Un vero maestro della pittura che negli anni ha composto
un diario visionario e un universo che non ha eguali. Un vero
poeta che non si limitava a descrivere la realtà, ma inventava un
proprio mondo ancora più reale della realtà, pieno di sogni, allusioni,
invenzioni.
Ho accompagnato Dal Canto in molti dei suoi viaggi: ogni volta le
sue creazioni aprivano le porte al regno della fantasia, ci facevano
conoscere segreti e misteri, mondi immaginati dalla sensibilità
dell'artista. Le sue prime passioni sono state la grafica e le incisioni.
Ha iniziato a dipingere a quarant'anni. Tra le cartelle di acqueforti
realizzate ricordiamo Cinque incisioni, Le Carte, Pontedera ricordo
degli anni '30, Viaggio immaginario, I vasi di Pandora,
Un saluto da..., Nostalgia, Incantamenti, Controfiaba. Ha realizzato
numerose mostre tematiche, ricordiamo tra le altre: I giochi
e le scommesse dell'uomo, Disgrazie di un paese, La storia
finita, 26 dipinti per la Torre, Una storia (contro).
I suoi dipinti sono stati presentati in mostre organizzate a Pisa,
Pontedera, San Gimignano, Empoli, Venezia, a Ponte de Sor in Portogallo.
La sua ultima produzione si è sviluppata intorno al tema del
più famoso burattino del mondo, Pinocchio, che gli ha consentito,
seguendo l'esempio di Carlo Collodi, di tracciare un ritratto dell'Italia
contemporanea, evidenziandone pregi e difetti. Si è conquistato
un posto d'onore nella Esposizione Internazionale d'Arte di Venezia
del 150º Anniversario dell'Unità d'Italia nel 2011, con le composizioni
a tema La Bugia prodotte in collaborazione con l'artista Renato
Meneghetti e con la regia di Alberto Bartalini. Dal 2011 al 2013
è rimasta esposta al pubblico, all'aeroporto di Pisa, l'installazione
dedicata a Pinocchio, realizzata dall'artista pontederese. Giorgio
Dal Canto nelle sue opere ha rappresentato il potere e lo ha messo
a nudo, rivelando, anche attraverso il ricorso a un'ironia amara, le
contraddizioni della società attuale.
Dal Canto resta uno dei maggiori protagonisti dell'arte toscana
contemporanea. La mostra Una storia (contro), presentata nel
2009 negli spazi del Museo Piaggio, selezionava una ricca serie
di dipinti dell'artista, raccolti dall'amico e collezionista Giuseppe
Diomelli, un imprenditore amante dell'arte. Nella mostra, attraverso
un vasto ciclo di opere, si poteva cogliere la grandezza
artistica di un autore che ha saputo creare un affresco tragico
ed ironico dell'umanità, divisa in due grandi categorie: gli uomini
bombetta in nero che detengono il potere e gli uomini righe colorati
che subiscono l'arroganza dei potenti.
Per Dal Canto è stato naturale schierarsi dalla parte dei deboli,
dei semplici, degli uomini che subiscono passivamente l'incedere
della storia e che vengono di frequente calpestati nei loro diritti,
nelle legittime aspirazioni. La caratteristica e l'originalità della
pittura di Dal Canto è quella di saper descrivere i rapporti di forza
esistenti ed il procedere sempre di più verso una civiltà fredda
e tecnologica, ma raccontando il tutto in modi surreali sempre
diversi. In uno degli ultimi cicli di dipinti Burattini dimostra, ancora
una volta, la rara capacità inventiva di Dal Canto, in grado
di realizzare un vasto affresco tragicomico partendo dalla storia,
universalmente nota, di Pinocchio. L'idea dell'artista non è semplicemente
di raccontare e descrivere le storie del personaggio
collodiano, ma di attraversare questi simboli conosciuti con il proprio
timbro poetico e stilistico, narrando una nuova tragedia contemporanea
che guarda al passato e illumina il presente.
Le immagini della favola contengono già al loro interno una forte
critica sociale e l'idea di un meccanismo di potere che annulla
le aspirazioni alla libertà e alle scelte individuali: al fondo del
percorso poetico si coglie l'idea di un'umanità ridotta in schiavitù
e priva di strumenti diretti di conoscenza. La televisione, il
computer, il cellulare sono i simboli di una fragile modernità, ma
diventano, per l'autore toscano, raffigurazioni del disagio contemporaneo,
strumenti per manipolare le coscienze e per creare una
realtà mediata e soltanto virtuale.
Il dipinto dei burattini, che finiscono dentro il cassonetto dei rifiuti,
è la storia esemplare della nostra civiltà che distrugge i nostri
sentimenti, le naturali aspirazioni dell'uomo. Il tono del racconto è
drammatico, autentico, tragico, ma continuamente elevato dai timbri
poetici dell'invenzione e della fabulazione che trova nuovi modi
originali per esprimere, con fantasia, le ansie del nostro tempo.
In Dal Canto ritroviamo il linguaggio autentico e popolare di un altro
grande artista toscano, Giuseppe Viviani, che riusciva ad illuminare,
con poesia ed umanità, un mondo affollato di personaggi umili ed
emarginati. Gli uomini righe di Dal Canto sono una continuazione
ideale delle figure di Viviani, protagonisti di un gioco che non comprendono
fino in fondo e nel quale sono costretti a subire le regole
scritte e stabilite da altri. Per alcuni elementi le storie di Dal Canto
ci ricordano, per la loro profondità e armonia, i mondi poetici elaborati
dall'artista lucchese Antonio Possenti, autore che, dietro una
festa di segni e colori, nasconde profonde inquietudini e incertezze.
Dal Canto è riuscito magicamente a trovare, grazie alla sua coerenza
e al suo impegno etico, quel fragile punto di equilibrio tra
armonia e colore, tra narrazione e canto, che gli ha permesso di
costruire un mirabile universo di storie ed illusioni, di luci i e colori,
che diventano semplicemente poesia. Per queste ragioni la sua
arte è sempre attuale, il suo mondo, immaginato e descritto sulla
tela, continua ad evocarci forti emozioni, a farci vedere la realtà
con gli occhi diversi della poesia, con la genialità di un gesto che
crea un mondo fantastico, ma profondo e struggente come soltanto
i veri artisti riescono a comporre e donarci.
Riccardo Ferrucci
RETROSPETTIVA OPERE GIORGIO DAL CANTO
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